Ricordando Simonetta

Alcuni dei messaggi ricevuti li trovi in questa pagina. Molti altri li trovi qui.

Se vuoi aggiungere il tuo ricordo, puoi farlo quando aderisci all'appello qui oppure scrivendoci direttamente a questa email.

Ed un po' di musica ci sta sempre bene.

La storia di Nonna Papera, per i suoi nipoti.

Il racconto fatto da Andrea, uno dei tre figli, ai nipoti di Simonetta in occasione del suo funerale.

Negli ultimi mesi, mamma si preoccupava spesso del ricordo che i nipoti avrebbero avuto di lei.

“Promettimi – mi aveva detto piu’ volte – che racconterai loro della loro nonna quando non ci saro’ piu’.”

In riposta, io offrivo la mia promessa per rassicurarla. Confidavo, pero’, che il sorriso e i gesti spontanei dei nipoti rendessero chiaro anche a lei – come a tutti noi – l’affetto che i bambini hanno per lei.

E’ quell’affetto – lo so – che terra’ vivo nei bambini il ricordo della loro nonnona.

Ma una promessa e’ una promessa. Ed io ho promesso di raccontare.

Ecco, dunque, la storia di Nonna Papera.

Come in tutte le storie che si rispettino, la nostra protagonista – Nonna Papera – aveva dei poteri speciali.

E fin qui, nulla di nuovo per i bambini. Voi, bambini, l’avete vista all’opera.

Siete infatti tra i pochi a conoscere un segreto che possiamo ora condividere con gli altri.

Nonna Papera era in contatto diretto con la Befana.

Ogni anno – ai primi di gennaio – quando i suoi nipoti spagnoli e francesi si trovavano a Roma per le feste, Nonna chiamava la Befana e la convinceva a portare un bottino speciale di dolci per i suoi nipoti prima del 6 gennaio – quando gli spagnoli erano attesi dai re magi a Madrid, ed i francesi – poveretti – dovevano essere a scuola.

Ma la Befana non era il primo personaggio buffo con cui Nonna si era trovata ad avere a che fare.

Nonna era una grande amante del carnevale – una festa ricca di personaggi buffi che guarda caso finisce proprio questa settimana.

Quando eravamo piccoli, nonna organizzava feste a casa nostra con tantissimi bambini mascherati – ed oggi che sono papa’ capisco che solo dei poteri speciali potevano permetterle di far entrare un numero assurdo di bambini nel nostro appartamento (senza che neanche una papera venisse ferita!), di preparare personalmente tutte le cose da mangiare – che diciamo non mancavano mai – e di organizzare i giochi e le attivita’ per divertirci.

Ma il carnevale, nonna non lo voleva solo a casa. Nonna amava portare il carnevale dentro e fuori le sue scuole. Perche’, come sapete, nonna ha lavorato per molto tempo nella scuola. Prima come insegnante, e poi come preside – o direttrice.

Nonna Papera credeva – fortissimamente credeva – che la scuola debba essere un posto dove imparare, crescere e divertirsi. E quindi, naturalmente, il carnevale doveva essere nella scuola.

O forse si voleva solo divertire lei, chissa’.

Una cosa la sappiamo con certezza su Nonna e la scuola. Nonnna non si divideva tra casa e lavoro. No, Nonna era sempre tutta intera e dappertutto. E quindi i suoi poteri li usava a scuola come a casa – e forse a volte si sara’ chiesta se la scuola fosse la casa o se la casa fosse la scuola.

Nonna credeva – fortissimamente credeva – che la scuola debba accogliere ogni bambina ed ogni bambino e dare loro la possibilita’ di crescere, scoprendo se stessi e gli altri.

Non ci volle molto pero’ perche’ Nonna Papera si accorgesse che c’era qualcosa che non andava.

Perche’ troppo spesso la scuola non riusciva a raggiungere e accompagnare proprio i bambini che ne avevano piu’ bisogno, magari perche’ avevano difficolta’ a muoversi o parlare, o perche’ le loro famiglie erano in difficolta’.

Allora Nonna Papera si mise a lavorare con tanta altra brava gente per rendere la scuola piu’ inclusiva – cioe’ per fare in modo che la scuola accogliesse e accompagnasse tutti, ma proprio tutti, i bambini.

Sembra facile a dirsi – ma per fare queste cose serve il super potere del lavoro duro e della dedizione – cioe’ del credere – fortissimamente credere- in quello che si vuol raggiungere.

E cosi’ insieme ad altri, Nonna Papera ha spalancato le porte della scuola e buttato giu’ muri per fare della scuola un posto piu’ aperto ed accogliente.

Alcuni di questi muri erano invisibili – fatti di pregiudizio, diffidenza e addirittura paura verso bambine e bambini dall’aspetto, dall’accento o dal comportamento un po’ diverso.

Ad un certo punto, Nonna incontro’ altre belle persone che si erano accorte che la scuola puo’ e deve continuare ad aiutare anche i grandi.

Perche’ ci sono persone che diventano parte della nostra comunita’ da grandi magari senza conoscere bene l’italiano. E ci sono altre persone che magari a scuola ci sono andate ma che hanno avuto percorsi difficili e che meritano, proprio perche’ sono persone, una seconda opportunita’.

Nonna, insieme a tante altre belle maestre e bei maestri, credeva – fortissimamente credeva - che la scuola debba essere una fabbrica di opportunita’ e quindi uso’ i suoi poteri per rendere la scuola ancora piu’ grande perche’ accogliesse ed aiutasse anche i grandi.

Ma insomma, starete pensando, Nonna ha costruito la scuola piu’ grande del mondo!

Mah, forse questa sarebbe un’esagerazione.

Dopotutto non vi ho mica detto che vi avrei raccontato la storia di un supereroe senza difetti che ha salvato il mondo da solo. Ho detto solo che questa e’ la storia di un personaggio con dei poteri speciali. E qui ve ne ho raccontato qualcuno. Sono poteri, se pensate a questa storia, che Nonna ha usato per gli altri – per voi, per la sua famiglia e per le tante persone che sono passate nelle sue scuole.

Mi sono chiesto spesso da dove venissero questi super poteri. Gli scienziati stanno ancora facendo esperimenti per capire – ma io mi sono fatto un’idea.

Si dice che nonna non fosse credente – ma Nonna, vi ho detto, credeva – fortissimamente credeva. Nella dignita’ della persona umana, nella liberta’ delle donne e degli uomini e nel dovere di proteggere quella liberta’ con la conoscenza, la cultura e l’istruzione.

E allora cosa ci ha lasciato nonna? Un sacco di papere, ma non la scuola piu’ grande del mondo. Su quella sono al lavoro tante altre brave persone – Nonna, che di mattoni ne ha messi parecchi, vi direbbe che non si finisce mai di costruire perche’ la scuola si costruisce intorno ad un mondo che cambia in continuazione.

Nonna non ci ha lasciato neanche l’obbligo o l’impegno di avere super poteri noi stessi come lei. No, ci ha lasciato la liberta’ di essere noi stessi e ci ha insegnato che qualunque cosa si scelga di fare con quella liberta’ ha un gusto piu’ dolce se la si condivide con gli altri.

Continueremo a parlare di nonna. Di quella volta in barca, e di quell’altra in piscina. Nonno magari ci raccontera’ di quella volta che nonna fu arrestata mentre protestava. Ci dira’ dell’abbraccio tenero delle loro intelligenze. Ci parlera’ di quell’intreccio di passione ed impegno che li ha uniti per mezzo secolo, sacerdoti di una religione civile di solidarieta’ ed umanita’, facendo fiorire il talento di entrambi e fondando la nostra famiglia.

Ma nonna non ci ha dato solo un passato. Nonna ha lanciato noi e voi verso il futuro e ci ha dato qualche indicazione su come viverlo questo futuro: liberi e nel rispetto degli altri.

Allora bambini, mi raccomando, credete – fortissimamente credete – in voi stessi e negli altri.

E’ quello che voleva Nonna.


Arrivai pensando che sarei andata via presto, ma rimasi a lungo in una scuola pubblica "salesiana": il ricordo di Maria Letizia Nespica

La perdita di Simonetta Caravita ha creato in me un vuoto profondo: ho perso una guida e un’amica. Sono entrata nella sua scuola “Luigi Di Liegro” nell'anno scolastico 2002/2003. Venivo da una esperienza di pochi anni nella scuola statale e da 14 anni di insegnamento in una scuola salesiana. Ero molto intimorita e preoccupata. Simonetta ha subito deciso che avrei insegnato (lettere) nella sede di via Cortina. Ho iniziato, convinta che dopo un anno avrei chiesto il trasferimento, e invece ho scoperto un mondo nuovo ed intrapreso una avventura meravigliosa.

La scuola di Simonetta Caravita era una scuola pubblica, ben diversa dalle altre! Vi ho trovato espressione concreta della “salesianità” (conoscenza personale, amorevolezza, assistenza attiva, costruzione di fiducia), che pensavo di aver lasciato per sempre.

Ho trovato una scuola viva, aperta, accogliente, democratica nel senso più profondo del termine. Una scuola guidata da una donna straordinaria: professionista capace, lungimirante, competente, ferma, attenta, appassionata e soprattutto guidata da una forte carica di amore e giustizia. Una scuola in cui ciascuno trovava uno spazio di ascolto e di accoglienza: alunni, docenti, genitori, collaboratori.

Molte novità mi colpirono: i laboratori quotidiani, in cui anche i docenti potevano esprimere le proprie doti e passioni; l'insegnamento dell'informatica inserita nella attività didattica ordinaria; il teatro con il maestro Accettella, perché tutti potessero esprimere al meglio emozioni e talenti; il progetto aula per rendere l'ambiente scuola come casa; il PFI (Progetto formativo individualizzato), uno strumento assolutamente innovativo, espressione di una didattica individualizzata e personalizzata, concretamente attuata e per tutti; la tematica annuale, esempio di interdisciplinarietà del tutto in linea con le attuali e recenti linee guida dell'educazione civica. Addirittura un museo didattico!! Insomma una scuola all'avanguardia, organizzata, concreta, dove tutto era pensato e aveva un suo perché. Nulla lasciato al caso, ma inserito in una precisa idea di scuola pubblica e di una pedagogia innovativa. Per molti anni ho avuto l'incarico di guidare il giornale della scuola, un diario di bordo, che documentava ogni attività, esperienza, uscita nel territorio e campo scuola, aperto a tutti indistintamente. Progetti, esperienze di solidarietà e di didattica per competenze, su cui ancora nella scuola oggi si fatica e si dibatte. Non ci si fermava mai!! La passione educativa di Simonetta travolgeva molti di noi (chi non riusciva a seguire un ritmo tanto intenso, soprattutto emotivamente, sceglieva un'altra strada). Insomma per i docenti una formazione continua, per gli alunni ascolto, attenzione, crescita, sviluppo e crescita integrale della persona.

Simonetta ha sempre valorizzato il clima tra noi adulti, creando scambi, collegamenti, incontri di lavoro e non solo; come non ricordare le maratone con gli alunni, le feste nel cortile e nella mensa di via Cortina; le feste di fine anno e di Natale per scambiarci gli auguri, in cui riusciva a manifestare l’attenzione che aveva per ciascuno dei suoi collaboratori attraverso un gesto concreto: un regalo personalizzato, scelto ad hoc.

Alcune di noi, di cui mi faccio portavoce, hanno avuto il privilegio di approfondire la relazione professionale e trasformarla in profonda amicizia, conoscendo la donna, nella sua fragilità e per questo ancora più amata, la mamma, la nonna tenera, dolce ed amorevole. Un’amica leale, fedele, geniale, pronta a confrontarsi e a consigliare. Ed anche sagace, perspicace, ironica e divertente, capace di scherzare, ridere e cantare a squarciagola in indimenticabili Karaoke.

Simonetta, ci mancherai immensamente, ma il dolore si manifesta in una consapevolezza: non ci hai abbandonato, perché sempre ci sei vicina non solo nel ricordo, ma nella realtà di una nuova dimensione più sottile, ma non meno vera. A noi cogliere i segni della tua presenza!

Maria Letizia Nespica

Volle conoscere mio figlio personalmente e festeggiammo insieme i suoi progressi: il ricordo di Riccardo Massaro

Io ancora ricordo quando portai mio figlio alla sua scuola. Volle parlare con me e con lui in privato, nel suo ufficio. Le chiesi, nonostante mio figlio avesse qualche difficoltà emotiva per la prematura morte della madre, che non fosse trattato "differentemente" dagli altri ragazzi, questo perché nell'altra scuola dove aveva frequentato la prima media, un trattamento troppo accondiscendente lo aveva in qualche maniera fatto divenire passivo ed indotto ad approfittare negativamente della comprensione altrui. Per questo non avevo portato la sua relazione dello psicologo. "No!" mi mi disse, " voglio leggerla per sapere chi ho davanti, non per trattarlo differentemente!" Poi trovò anche il modo di farlo andare da uno psicologo dell' ASL...

Lei formava le sue classi con ponderatezza, la sua era una sorta di partita a scacchi, dove ogni scolari era una pedina che aveva però lo stesso valore e nessuna era sacrificabile. Aveva in mente un suo schema che funzionava sempre. Lo scopo era quello di vincere, ma non su un' avversario, bensì sulle problematiche. Mirava al progresso emotivo, psicologico e culturale dei suoi ragazzi, questa era la sua meta. Tutti dovevano vincere raggiungendo il loro traguardo e così è stato.

Quando mio figlio terminò la terza media era diverso, cambiato, più maturo e più sicuro di sé. Si era talmente affezionato alla scuola che mi chiese: "ma non posso fare la quarta media?"

Era talmente insicuro che non si era mai levato il suo giubbotto per quasi tutto l'anno scolastico pur stando in classe... quando si sentì sicuro di sé e del luogo dov'era e lo tolse, la Caravita mi chiamò a casa contenta per dirmelo, mentre i suoi professori festeggiarono quel giorno!

Grazie a lei e al SUO gruppo di docenti e non docenti fece questo piccolo miracolo e molti altri. Se n'è andata una grande persona, ma il suo spirito vivrà in tutti quelli che l'hanno conosciuta e in cui ha lasciato il suo segno.

Grazie a lei si sono costruiti caratteri, giovani "persone" sono diventate uomini e donne, centinaia di suoi ex scolari fortunati.

Grazie a lei anche professori e non docenti hanno avuto modo di poter tirare fuori il meglio di sé e collaborare a questa grande impresa.

I cittadini criticano e si lamentano se qualcosa non va nel pubblico impiego, dando per scontato nonostante le oggettive difficoltà che un dipendente incontra nell'assolvimento dei propri compiti, (quando questo è volenteroso e capace), ma mai lo valorizzano o manifestano apprezzamento pubblicamente quando questo o il suo intero organismo funzionano, come in questo caso. Anzi sono convinto che qui si sia andato oltre i confini di quello che un impiegato pubblico sarebbe tenuto a fare... Caravita è stata e rimarrà un esempio, mentre i suoi "discendenti", coloro che hanno avuto il privilegio di lavorare con lei, (e che potranno essere anche mosche bianche, ma esistono), sono il frutto della sua abnegazione, del suo amore per le persone e del suo ruolo. Tutto questo ha prodotto dei risultati che continuano a manifestarsi nell' operato quotidiano di questi lavoratori. Un lavoro che così svolto continua tacitamente ad onorare e ricordare per quanto fatto la signora Caravita. Io e altri ce ne siamo accorti e la ringraziamo portandola nei nostri pensieri e nei nostri cuori.

A distanza di anni ancora ringrazio lei e tutta la "SUA" scuola.

La Preside mia e dei mie fratelli, ha cambiato un'intera realta', aiutando con discrezione tanti in difficolta': il ricordo di Daniele Vincis

Orgoglioso che sia stata la mia preside, e di mio fratello e mia sorella prima di me, in un quartiere che usciva da anni particolarmente difficili, la sua passione per la scuola ha contribuito nel tempo a migliorare la vita di un'intera realtà! Entrando con discrezione nella vita delle famiglie dei suoi ragazzi/e, alleviandoli spesso dal peso di situazioni "tragiche" per dargli una visione della vita più bella, riformatrice e creativa, ha fatto della scuola un luogo di aggregazione ed inclusione oltre che di crescita intellettuale e soprattutto umana! Come professore che non esercita, ora sarei particolarmente felice di poter collaborare con una Simonetta, da suo ex studente poi...

In questi ultimi anni in cui il mondo della scuola è stato particolarmente umiliato, abbiamo bisogno di persone e "luoghi" che seguano il suo esempio.

Ma il mio più personale ricordo, sono il suo sguardo pieno di fiducia ed i suoi affettuosi abbracci!!! Grazie di cuore

Da alunna a prof nella scuola di Simonetta: il racconto di Valentina Varano

Il mio ri-cordo nei confronti di Simonetta Caravita è duplice. Ho avuto infatti il piacere e l'onore di conoscerla da una doppia angolazione: in primis con lo sguardo distratto di una studentessa che frequentava la scuola media di Casalbruciato, zona di frontiera della periferia romana, proprio negli anni del suo insediamento.

Già in quegli anni, in cui ero poco più che una bambina, riuscivo a percepire in filigrana la sua statura, che quasi strideva con il suo nome: la porta della sua Presidenza, piena di papere (la sua passione!), era sempre aperta per noi studenti; le sue urla e la sua voce, a dir poco squillante e rimasta nel corso degli anni inspiegabilmente sempre giovane, riecheggiavano per tutta la scuola e il quartiere. Simonetta conosceva ogni alunno, i nomi e soprattutto le storie, nel caso di molti già pesanti come macigni. Per questo forse, la sua priorità è stata sempre quella di aprire la scuola al territorio. Ricordo ancora bene la percezione forte che questa ventata di novità aveva portato nel quartiere, quando finalmente ho cominciato ad avere un cantuccio sicuro in cui giocare il pomeriggio con le mie sorelle e i miei compagni e in cui ho imparato a vivere la scuola come spazio altro in cui formare il mio essere cittadina.

La scuola come baluardo di civiltà, contro la dispersione scolastica, la scuola come luogo deputato a garantire lo sviluppo armonico della persona: questo il primo insegnamento di Simonetta, di cui ho sempre fatto tesoro, soprattutto quando sono passata dall'altra parte della cattedra. Ma anche la scuola come 'incubatrice di vocazioni', che pian piano prendono forma, se alimentate giorno per giorno. È Simonetta che più di ogni altra ha incarnato, al di là di ogni retorica, 'l'amare la stortura della vite' e forse della vita, espressione tributata e fatta mia da uno dei più interessanti libri sulla scuola uscito negli ultimi anni.

Simonetta, nel suo essere illuminata e illuminante, è stata inoltre precorritrice dei tempi: le competenze e il cosiddetto 'saper fare', ma anche aggiungerei il sapere essere, l'inclusione come prerogativa e priorità della scuola pubblica, i primi CTP, la legalità, i percorsi interdisciplinari, l'importanza del teatro (in quegli anni ho indossato i panni di un'impacciata Rossella O'hara in 'Via col vento').

Non basterebbero pagine e pagine per racchiudere tutti i ricordi che mi legano a lei: dal Carnevale ai mercatini natalizi per l'Unicef, fino all'incontro, dopo molti anni, a Pienza, in cui, dopo avermi vista da lontano e riconosciuta come 'sua alunna', mi ha accolto in un lungo abbraccio, non senza aver prima pronunciato il mio nome e cognome.

Ma questa è solo una faccia della medaglia: ho continuato a essere legata a doppio filo a Simonetta; un filo invisibile, quello che mi ha unito a lei, che non si è mai spezzato.

Dopo moltissimi anni, sono tornata nella scuola di Casalbruciato, questa volta come insegnante. L'impatto, devo ammettere, è stato diverso, com'è comprensibile che fosse. Gli anni trascorsi e il nuovo ruolo da me ricoperto non hanno tuttavia intaccato quell'immagine rimasta impressa nei miei ricordi. Ho ritrovato una persona con la stessa vitalità, la stessa passione, la stessa lungimiranza, la stessa visione della scuola, che è quella che ha ispirato in gran parte la mia attività didattico-educativa. A differenza di molti Presidi (continuo a preferire questo termine a quello ormai imperante di Dirigente!) che ho conosciuto nella mia carriera, chiusi oggi tra le loro scartoffie, sopraffatti dalle mille incombenze burocratiche e spesso inclini a una falsa retorica delle periferie, Simonetta ha fatto davvero scuola, anzi è stata la Scuola. Sarà forse anche per questo, me ne sto rendendo conto solo ora che scrivo queste righe in suo ri-cordo, che continuo a preferire la scuola media e la periferia.

L'idea che un incontro o più semplicemente 'un'ora di lezione possano cambiare una vita' mi ha sempre colpito. Simonetta con le sue lezioni ha cambiato la mia e quella, ne sono certa, di molte altre persone che hanno avuto la fortuna di conoscerla. Grazie Simonetta, fai buon viaggio.

Arrivo' nella mia scuola piena di problemi, condottiera dalla voce potente: il ricordo di Luca Fini

Sono stato alunno della preside Simonetta proprio nel periodo del suo insediamento nella famigerata “scuola rossa” così venivamo chiamate le medie ed elementari di via Sebastiano Satta. Ricordo una scuola piena di problemi e di realtà umane molto difficili, ma ricordo anche alcuni professori che hanno lottato per cambiare quella realtà!

La condottiera di quella scuola era LA PRESIDE Simonetta, una donna spigolosa ma anche molto tenera, con una gran voce, sempre presente e pronta a combattere tutti i santi giorni contro infinite difficoltà; per dare un futuro a tutti noi e soprattutto a quelle realtà che tante, troppe persone evitando.

Arrivai ad 11 anni che volevo le scuole sparissero e lei mi disse: "ho la classe per te" e comincio' un percorso di fiducia: il ricordo di Francesco Docchi

Sono arrivato a 11 anni alla scuola media, diretta dalla preside Caravita, arrabbiato con tutto il mondo e desideravo solo che un cataclisma facesse sparire tutte le scuole della terra. Lei non si è minimamente scomposta: "Allora ho la classe per te", mi disse. Era la classe con insegnanti che ancora ricordo: Nespica, Di Monte, Giacobbe, Gargiulo, Vitullo, Cuda, Menniti. Ho cominciato con il minimo dell'impegno ed il minimo dei laboratori previsti dal PFI. Mi hanno anche chiesto di entrare nella redazione del giornale scolastico perchè ero già abbastanza bravo al PC. Secondo loro questo era il mio punto di forza da condividere con gli altri. Il mio punto debole era che non mi interessava proprio di condividere il mio tempo ed il mio lavoro con gli altri. All'epoca non avevo capito un granché il senso di tutto ciò ma di sicuro ho fatto tante attività, campi scuola (i miei genitori non mi volevano mandare e la preside Caravita li ha convinti), compiti "strani" (come i diari di bordo o video e presentazioni), mostre, concorsi. Ricordo che in terza media ho spiegato, pagina per pagina, alla preside e a suo marito, il lavoro sulla Costituzione svolto da tutti gli studenti per il Museo Didattico. Inoltre la preside in persona mi ha presentato davanti al pubblico durante lo spettacolo di fine anno, perché avevo montato il video vincente ad un concorso contro il bullismo. Ricordo anche che il pomeriggio potevo rimanere a scuola a preparare i primi moduli dell'ECDL ed effettivamente fu la preside ad autorizzarmi, anche se ero troppo piccolo di età, a sostenere gli esami. Non mi era molto chiaro, all'epoca, ma ora mi rendo conto che per la prima volta, in quella scuola, mi avevano dato fiducia. Per la prima volta le cose che sapevo fare andavano bene. E allora ho anche aumentato il mio impegno, mi sono iscritto ad altri laboratori, addirittura "Nonni in internet", in cui sono diventato tutor di un pensionato. Quando, durante la cerimonia di consegna delle valigette con i nostri migliori lavori, la preside mi ha stretto la mano, ho pensato che avrei voluto rimanere lì, senza andare alle superiori, perché non ero così sicuro che avrei trovato la stessa accoglienza. Ho cominciato in quella scuola ad essere quello che sono diventato oggi, un sistemista di sicurezza informatica.

Spiazzato da quel "tu" - il ricordo di Franco Chiarini

Mi aveva spiazzato subito, Simonetta, dandomi del “tu” alla prima riunione a scuola nel settembre 2001.

Confesso che ho dovuto superare una certa resistenza, ma poi anch’io sono passato al “tu” perché ho capito che con Simonetta si lavorava meglio con il “tu” che con il “lei”.

La porta della sua presidenza era sempre aperta, e quando le parlavi, se non poteva risponderti subito, prendeva un appunto sulla sua agendina sempre piena zeppa di post-it e dopo un giorno o due… ecco arrivare la sua risposta.

Lavorava per una solida organizzazione scolastica, certo, ma questa scuola non rappresentava il fine ma il mezzo: il fine erano le ragazze e i ragazzi che Simonetta conosceva uno per uno.

E in qualche modo anche noi insegnanti eravamo il fine il mezzo di quell’organizzazione, visto che i suoi suggerimenti, le sue intuizioni e i suoi impulsi erano diretti a noi perché potessimo elaborarli e darli a nostra volta agli allievi e alle allieve.

E a proposito di impulsi dati da Simonetta ricordo con particolare piacere il Laboratorio di Metodo: un progetto didattico dove ogni classe, divisa in due gruppi, realizzava con tutti gli insegnanti del Consiglio di classe per due ore a settimana ciascuno percorsi altri rispetto alla propria materia.

Era una sfida vera e propria, nella convinzione che tutte gli insegnanti - ma proprio tutti! - concorrono all’acquisizione di conoscenze e competenze secondo linee che ogni docente individuava liberamente uscendo dai propri schemi disciplinari.

Ecco allora un sacco di nuove idee per questo Laboratorio che non era <<un’altra materia>> ma l’occasione per sperimentare nuovi percorsi didattici in piccole unità di apprendimento.

Simonetta non si tirava indietro di fronte a nuovi progetti e iniziative che potessero dare forza al fare scuola, e per questo non mancava di fornirci di rapporti, fascicoli, dossier, testi educativi e riviste di didattica su cui riflettere e discutere perché lo studio e l’aggiornamento, diceva, era vitale per ogni docente.

E così quando ho letto da qualche parte che “Insegnare è imparare due volte” ho subito pensato a Simonetta, al suo esempio e alle tante occasioni che mi ha dato per “imparare molte volte”.

A lungo riferimento delle politiche scolastiche inclusive a Roma: il ricordo di Marco Rossi Doria

Grazie Simonetta

È morta Simonetta Caravita.

In pensione dal 2014, Simonetta è stata per molti decenni il punto di riferimento delle politiche scolastiche inclusive nell’area romana.

Per venticinque anni è stata dirigente scolastica nella Scuola Media Statale “Luigi di Liegro” a Casal Bruciato e poi del IV Centro Territoriale Permanente di Roma. Quando Ja-ques Delors avviò l’idea europea di una scuola di seconda occasione per chi aveva abbandonato la scuola, Simonetta è stata all’avanguardia nel lavorare per la scuola di II occasione nelle periferie romane. È in questa veste che in tanti/e, impegnati sullo stesso fronte in ogni parte d’Italia, l’abbiamo cono-sciuta per la sua dedizione e capacità.

È stata coordinatrice del Gruppo di lavoro sull’Educazione degli Adulti dell’USR del Lazio. Anche a livello nazionale ha partecipato al laborioso avvio dei CPIA. Impegnata nell’associazione delle scuole autonome, ha creduto nell’autonomia delle scuole a maggior ragione dove dovevano essere più flessibili e innovative per raggiungere tutti/e e ciascuno/a.

Nel cuore e nella mente ha avuto per lunghi decenni la lotta alla povertà educativa e ha lavorato per creare e manutenere comunità educanti ben prima che se ne parlasse.

Oggi siamo tristi in tante e tanti: docenti impegnati nelle aree più difficili, educatori delle associazioni, volontari, costruttori della pedagogia che ha testardamente continuato a guardare alla scuole per chi non va a scuola, psicologi dell’adolescenza esclusa dalle opportunità, persone impegnate nei servizi sociali e nel tribunale per i minori.

Grazie Simonetta.

Da Facebook

Maestra d'amore, accolse i miei "monelli" senza giudicare: il ricordo di Danilo Casertano

Simonetta Caravita è stata la prima dirigente che ha accolto i miei "monelli". "Come i tuoi ne ho a centinaia" mi disse. Li ha ascoltati, mai giudicati e ha donato loro una "Seconda opportunità". Per riconoscenza, per stima, rapito dal suo amore per ogni singolo studente mi sono messo a disposizione per qualche tempo. È stato un dono prima di tutto per me, le chiacchierate con lei rimarranno per sempre impresse nel mio cuore.

Ha combattuto un male che le ha impresso segni nel corpo. Una guerriera, una MaDonna, una donna immensa. Voglio per qualche istante tornare a credere nello spirito, nel suo spirito che oggi liberato dal corpo possa donare forza e coraggio a tutti coloro che ancora sentono la necessità di servire le nuove generazioni fragili con amore e responsabilità.

Grazie Simonetta, Maestra d'amore.


Estratto da rewriters.it :

Simonetta aveva la forza del caos, il suo ufficio e i suoi bioritmi non erano propriamente regolari ed erano la testimonianza fisica del suo animo rivoluzionario. Allo stesso tempo sapeva essere rigorosa, severa ma giusta si potrebbe dire. La sua rabbia era quella sana che sgorga davanti alle ingiustizie e lei proprio non le sopportava le ingiustizie, di nessun tipo, e aveva scelto di stare dalla parte degli esclusi. La sua voce sapeva essere tonante perché gli ultimi spesso non hanno voce. La sua risata era irresistibile, perché la gioia che alberga nei cuori dei giusti diventa entusiasmo capace di trascinare chi è indeciso. Era un vero chimico, sapeva dosare gli elementi nelle organizzazioni per giungere alla miscela esplosiva che ha fatto tremare il quartiere di Casal Bruciato e non solo. Ha scosso le false certezze, ha dimostrato che la disabilità, la povertà, l’immigrazione non sono solo sfortune ma il motore per una scuola attiva, viva, vibrante, epica.

Come spesso succede alle grandi anime che abbattono i muri che separano, ha portato sul suo corpo i segni di tante battaglie. A volte la vita sembra davvero un grande palcoscenico dove entrano in scena personaggi incredibili, fuori dal comune, Simonetta lo era sotto tutti i punti di vista.

Lei voleva incontrare tutti gli studenti, le famiglie, gli insegnanti. Incontrare: Giungere alla presenza di qualcuno o qualcosa, imbattersi, affrontare.

La sua presidenza deve essere stato Il Globe Theatre dell’educazione, in quella stanza sono state messe in scena storie incredibili, dalle tragedie alle commedie dell’assurdo.

Una donna forte e tenace, dal cuore grande, sensibile e pieno di tenerezza: il ricordo di Silvana Meli

Da lei ho imparato che essere insegnante significa mettersi in discussione ogni giorno e chiedersi sempre se quello che si sta facendo sia giusto.

Ho imparato a sognare e a lottare per una scuola aperta a tutti e per tutti.

I suoi insegnamenti, ricevuti nell’ambito del lavoro, li ho portati con me anche fuori dalla scuola, nella mia vita privata e nel mio impegno sociale.

Poteva sembrare una persona molto severa, per la tenacia e la forza con cui si batteva per i valori in cui credeva. Io ho conosciuto una donna dal cuore grande, sensibile e pieno di tenerezza. Capace di commuoversi con molta facilità, ma con la stessa facilità riusciva a ridere e a far ridere. Quando passavo a salutarla in presidenza, dopo aver finito di lavorare, ci facevamo insieme delle lunghe chiacchierate, ridevamo molto e allo stesso tempo progettavamo e pensavamo a cosa fosse utile e opportuno fare per i nostri ragazzi, per la nostra scuola.

Ogni anno, a Natale, portava regali a tutto il personale e a lei bastava ricevere una paperella da aggiungere alla sua raccolta di papere, per vederla illuminarsi e sorridere contenta come una bambina che aveva ricevuto il regalo che desiderava di più.

Non è stato difficile guadagnare la sua stima e il suo affetto, perché aveva una grande capacità, quella di individuare le qualità di ognuno e di valorizzarle, perché la bellezza di ogni individuo dipende proprio dal fatto di essere ognuno diverso dall’altro. Questo è stato un altro dei suoi grandi insegnamenti.

Sapeva che mi piace la danza e veniva a vedere i miei spettacoli. È stata sicuramente una Preside (questa è la definizione che mi piace per lei, piuttosto che “Dirigente scolastico”), che usciva completamente da qualsiasi schema tradizionale e in questo consisteva la sua originalità, il suo essere avanti a tutti e in anticipo sul tempo e su tutti.

Un’amica e collega, Valentina Talamonti, mi ha scritto “Un pezzo intenso della nostra vita è finito con lei. Mandale un bacio da parte mia”

Io credo che, in ogni caso, Simonetta ci ha lasciato in eredità un grande tesoro, costituito dalle sue idee innovative e rivoluzionarie e dalle realtà che ha costruito e, anche se molti di noi sono in pensione, potremo continuare ugualmente a distribuire questa ricchezza. Anzi, in pensione, avremo più tempo per farlo.

Prima di mandarle il bacio, voglio leggere il messaggio che Simonetta mi ha scritto alla fine dello scorso dicembre, quando ha saputo che sulla mia macchina era caduto un albero, distruggendola. Ho saputo solo l’altro ieri che stava molto male, ma il messaggio non faceva trapelare minimamente la sua sofferenza.

“Tutto l’affetto e la condivisione che meriti, cara dolce Silvana, amica e compagna di sogni e di agire per una scuola aperta a tutti e per tutti. Sei sempre nel mio cuore e nei ricordi più belli di lavoro insieme... Tu ballerina e la tua povera macchinina schiacciatina”

In queste parole c’è Lei, una “forza della natura”, come ha scritto Andrea. Affettuosa e capace di scherzare anche se stava male.

Grazie di tutto, Simonetta!

Era la preside dei miei figli, ma abbiamo vissuto la scuola come centro di educazione anche per le famiglie e gli adulti: il ricordo di Giuseppina Bosco.

L'ho conosciuta come Direttrice Didattica della scuola dei miei figli e come persona di grande valore e capacità di iniziativa nella scuola e nel territorio. Nel periodo di frequenza dei ragazzi abbiamo vissuto la scuola come centro di educazione anche per le famiglie e gli adulti, occasione di incontro per tutti.

La sua preseidenza come il Globe Theatre ha conosciuto storie incredibili, dalle tragedie alle commedie dell'assurdo - Danilo Casertano su rewriters.it

Un estratto del pezzo di Danilo Casertano su rewriters.it (qui il testo integrale)

Era una donna che anteponeva le soluzioni ai problemi. Usava la sua intelligenza scientifica per analizzare ogni tipo di difficoltà: organizzative, sociali, relazionali o didattiche e alla fine trovava una soluzione divergente, che all’inizio poteva lasciare sconcertati perché non era mai convenzionale, mai banale.

Lei aveva la forza del caos, il suo ufficio e i suoi bioritmi non erano propriamente regolari ed erano la testimonianza fisica del suo animo rivoluzionario. Allo stesso tempo sapeva essere rigorosa, severa ma giusta si potrebbe dire. La sua rabbia era quella sana che sgorga davanti alle ingiustizie e lei proprio non le sopportava le ingiustizie, di nessun tipo, e aveva scelto di stare dalla parte degli esclusi. La sua voce sapeva essere tonante perché gli ultimi spesso non hanno voce. La sua risata era irresistibile, perché la gioia che alberga nei cuori dei giusti diventa entusiasmo capace di trascinare chi è indeciso. Era un vero chimico, sapeva dosare gli elementi nelle organizzazioni per giungere alla miscela esplosiva che ha fatto tremare il quartiere di Casal Bruciato e non solo. Ha scosso le false certezze, ha dimostrato che la disabilità, la povertà, l’immigrazione non sono solo sfortune ma il motore per una scuola attiva, viva, vibrante, epica.

Come spesso succede alle grandi anime che abbattono i muri che separano, ha portato sul suo corpo i segni di tante battaglie. A volte la vita sembra davvero un grande palcoscenico dove entrano in scena personaggi incredibili, fuori dal comune, Simonetta lo era sotto tutti i punti di vista.

Lei voleva incontrare tutti gli studenti, le famiglie, gli insegnanti. Incontrare: Giungere alla presenza di qualcuno o qualcosa, imbattersi, affrontare.

La sua presidenza deve essere stato Il Globe Theatre dell’educazione, in quella stanza sono state messe in scena storie incredibili, dalle tragedie alle commedie dell’assurdo.

E’ stata anche la Preside delle nostre famiglie: il ricordo di un gruppo di docenti dell'I.C. "A.F. Celli" Roma

Il ricordo di Lei rimarrà indelebile nei nostri cuori. Ha fatto parte della nostra vita e ha coinvolto anche le famiglie di ciascuno di noi, a casa come a scuola si parlava di Lei. Il suo nome ha sempre echeggiato tra le mura della scuola. E’ stata anche la Preside delle nostre famiglie. I suoi consigli e il suo esempio sono stati preziosi e spesso sono riemersi nei nostri ricordi per metterli in pratica. E’ stata per noi una “Maestra” di vita. Ha messo in pratica l’amore verso gli altri attraverso l’istruzione dando a molti un’opportunità di arricchimento culturale e umana. Ha saputo valorizzare gli insegnanti professionalmente e umanamente, ogni occasione di incontro con lei è stata un’opportunità di crescita. Amante dell’arte e della cultura ha sempre dato grande valore alla musica, ha dato la possibilità ai ragazzi di poter esperire attraverso questo canale espressivo momenti di grande partecipazione.

Le emozioni e la commozione sono stati gli aspetti caratterizzanti di Lei e della comunità che le è stata sempre vicina!

Le sottoscritte, nel rispetto delle intenzioni della Preside, hanno dato un contributo all’UNICEF.

Docenti dell’I.C. “A.F. Celli” Roma.

Helga Menniti, Maria Randazzo, Michela Rosatelli, Margherita Pellegrino, Annalisa Rocca, Nuccia Laratta, Antonietta Parmendola, Barbara Palermo, Daniela Gentile, Pina Godi.



Capitano inflessibile ma, allo stesso tempo, in grado di capire e di risolvere qualsiasi problema: il ricordo di Paolo Mazzoli

Conosco Simonetta Caravita dai primi anni ’80. All’epoca io avevo 28 anni, lei circa 35. Entrambi patiti di insegnamento delle scienze nella scuola di base.

Nel 1984 Simonetta era presidente della commissione del concorso a cattedre per la scuola media che mi fece l’esame orale. Successivamente, ogni volta che ci incontravamo in una riunione, diceva a tutti “Paolo Mazzoli l’ho abilitato io”.

Poi le nostre strade sono rimaste sempre vicine, ma le occasioni di incontro personale erano abbastanza rare. Ma non ci siamo mai persi di vista.

Da dirigente scolastico la consideravo la colonna portante dell’integrazione e dell’inclusione a Roma. E lo dico senza alcuna esagerazione.

Spesso i casi più difficili, le famiglie più scoraggiate, i ragazzi più rinunciatari, o resi ostili dai continui fallimenti, finivano nella sua scuola di Via Cortina.

Dai suoi stretti collaboratori, ai bidelli e agli operatori per l’assistenza ai disabili, tutti la consideravano una sorta di Capitano inflessibile ma, allo stesso tempo, in grado di capire e di risolvere qualsiasi problema.

Quando andai al ministero come capo-segreteria di Marco Rossi-Doria, Marco faceva ironia su stesso, dicendo che era Sottosegretario “con delega agli sfigati”. E io gli dicevo che, a Roma, gli sfigati a scuola se li era caricati sulle spalle Simonetta Caravita. Ma Marco già lo sapeva, la conosceva da tempo.

Simonetta era rigorosa ma per niente ideologica. Poteva fare accordi con chiunque avesse davvero voluto portare risorse e attenzione per la scuola pubblica per tutti.

E poi aveva quella risata da ragazzina… Certe volte se ne usciva con delle battute irresistibili. Il più delle volte taglienti e irriverenti.

Ma altre volte veniva fuori il suo amore per le persone che stimava e, naturalmente, per il marito e i figli. Mi ricordo ancora quanto era spaventata all’indomani degli attacchi terroristici di Madrid del marzo 2004 perché, se non ricordo male, in quel periodo uno dei suoi figli era proprio lì.

Simonetta per me è un esempio di quanto può essere piena e luminosa una vita costantemente impegnata sul piano professionale e sociale. Sono contento di averla incontrata e di aver camminato su strade vicine alla sua.

La dedizione, la lungimiranza, il rigore, l'amore per i ragazzi, e la pretesa del massimo impegno e preparazione da parte dei docenti: il ricordo di Valentina Casavola

Ho avuto l'onore di partecipare per più di dieci anni come collaboratore nella "sua" scuola e apprezzare la dedizione, la lungimiranza, il rigore, l'amore per i ragazzi, il coraggio di sperimentare soluzioni nuove, il rispetto per ogni alunno come persona e le azioni concrete perché ognuno trovasse un ascolto e la possibilità di crescere all'interno di un progetto educativo; l'idea di scuola come presidio terriotriale, sociale e culturale; e infine la pretesa del massimo impegno e preparazione da parte dei docenti e degli educatori. Penso sia giusto celebrare il suo impegno non solo con il riconiscimento di un nome, ma soprattutto studiando il modello di scuola inclusiva che ha voluto portare avanti

Un regalo generoso e astuto, "Diario di Scuola" di Pennac, mi fece riflettere: il ricordo di Valeria Tosatti

Un giorno Simonetta, madre della mia amica Paola, mi regalò il libro di Daniel Pennac “Diario di scuola”. Una lettura significativa e autentica che ho divorato in poche ore. Quel regalo mi lasciò a bocca aperta, anche se non lo diedi troppo a vedere e purtroppo credo di non essere riuscita ad esternare né a Simonetta né a Paola quanto il contenuto di quel libro mi abbia colpito, portandomi a riflettere profondamente sui fallimenti e i successi del mio stesso percorso di studi. Il gesto di Simonetta fu generoso e la scelta del titolo “astuta”, come qualcuno l’ha definita nella valanga di commenti che le sono stati dedicati in questi giorni.

Io credo fermamente che Simonetta meriti un plesso scolastico intitolato a suo nome.

Consentiva l'uso dei bagni prima dell'inizio delle lezioni a dei nomadi a patto che mandassero i figli a scuola: il ricordo di Maria Grazia Accorsi

Abbiamo vissuto insieme l'avventura del passaggio dai CTP ai CPIA. Lei, in rappresentanza di USR Lazio, ha avuto fiducia in me; io, incaricata per formazione Docenti 'Verso i CPIA' ho imparato da lei a rapportarmi con le diversità. Un episodio: nei pressi del suo Istituto erano accampati nomadi. Lei consentiva l'uso dei bagni prima dell'inizio delle lezioni, a patto che mandassero i figli a scuola.

La preside lesse e valorizo' pubblicamente la relazione di una giovane supplente, forse studiata in una delle serate passate in ufficio: il ricordo di Lucia Raimo

Simonetta Caravita è stata mia preside per qualche anno.

Ero solo una giovane supplente del CTP, una maestra, in mezzo a tanti professori, ma lei, durante un collegio, prese una mia relazione e la lesse a tutti, riconoscendo la validità di alcuni pensieri. La cosa più sorprendente era soprattutto, che in mezzo a tutto quel da fare, l’avesse letta lei, e che ci avesse posto così tanta attenzione. Me la immaginavo impegnata in questo, in una delle tarde sere in cui rimaneva a scuola, con la lucetta accesa in presidenza: la scoprivamo lì, con sorpresa, a conclusione dei corsi serali, quando la collaboratrice scolastica doveva chiudere tutto, e mi sussurrava che la preside non si era allontanata dal suo ufficio nemmeno per una pausa pranzo, aveva dovuto portarle lei un tramezzino.

Aveva attenzione per tutti.

E non lo raccontano solo i suoi simpatici ed allegri regalini, che per le ricorrenze consegnava ad ognuno di noi docenti (eravamo numerosi), ma anche il suo tempo speso ad ascoltare il singolo ragazzino Rom e le sue ragioni, motivandolo a tornare a scuola e offrendogli soluzioni, fino a patteggiare con i suoi genitori o quasi con un intero campo nomadi.

Ricordo poi il divano che ci fece trovare a sorpresa nell’aula professori di via Policastro, sapeva che anche noi docenti rimanevamo contagiati dalla sua passione lavorativa, e questo in un certo modo ci rendeva famiglia, così, si prendeva cura di noi, perché potessimo lavorare nelle migliori condizioni. Qualche giorno dopo arrivarono anche i fornelli.

Era simpatica, gioviale, seria, decisa e volitiva, attenta ai piccoli e agli ultimi, viveva il suo lavoro come missione.

Non posso dimenticare la sua risposta anche ai bisogni dei ragazzi disabili, ormai adulti, per cui si era inventata un corso di autonomia, nel quale pure riuscì a coinvolgermi: in questo, per queste famiglie, era lei lo Stato, che c’era.

Qualche anno dopo, ormai supplente in un’altra scuola, mi arrivò con sorpresa una chiamata dalla sua segreteria: mi aveva raggiunto, perché c’era una parte del fondo d’istituto, che andava assegnata anche a me. Ancora una volta, in mezzo a tutto quel da fare, si era ricordata anche di una sua supplente, di qualche anno prima.

Grazie Simonetta, grazie per il tuo esempio, il tuo affetto e la tua passione.

Passione, generosita', capacita' organizzativa, competenza didattica: il ricordo di Grazia Napoletano

Leggilo su Education2.0

L'orgoglio di un gran lavoro di squadra all'avanguardia: il ricordo di Maria Laura Piersanti

Ho pensato di condividere uno stralcio di entusiasmo, di fermento, di slancio creativo, di motivazione “in presa diretta” direttamente dal cuore vivo della nostra scuola...


Era il 2008 e scrivevo così...


(...) Oggi abbiamo avuto una interessante lezione sulla dispersione scolastica.

Che meraviglia... un pomeriggio intero a parlare di buone prassi, di intervento per la prevenzione dell'abbandono, del ritiro, dell'insuccesso scolastico prendendo come esempio ciò che accade in una scuola sperimentale, pilota, superimpegnata e interrelata con il territorio...unica a Roma: la scuola L. Di Liegro!!! Non appena la relatrice ha saputo che insegnavo alla Di Liegro mi ha fatto i complimenti (...a me...!) e mi ha detto che se fosse insegnante sarebbe l'unica scuola in cui vorrebbe lavorare. Non so se mi spiego. Allora non sono una visionaria...io che sostengo di essere nella scuola delle possibilità, delle idee, della crescita, della sperimentazione, della passione per il proprio lavoro.

Una scuola guidata da una persona illuminata.

La mia emozione era alle stelle. In effetti le dispense e le slides presentate dalla relatrice (frutto di ricerche di anni, di sperimentazioni sul campo, di integrazioni di vari approcci) in tutta franchezza altro non sembravano che il nostro Piano dell’Offerta Formativa. L'avevo già detto e ne ho avuto conferma... il nostro POF è davvero straordinario.

Il discorso sull'individualizzazione dei percorsi, sull'autovalutazione, la democrazia partecipativa, l'accoglienza, il progetto aula… venivano descritti come l'ideale al quale la scuola dovrebbe tendere. E io tachicardica con mille occhi increduli addosso... a spiegare che è una realtà già esistente!

Sono felice. Davvero. Sono orgogliosa di essere in una scuola così.

E mentre tornavo a casa... piena di orgoglio (io che sono l'ultima ruota del carro...) mi è venuta un'idea. Sai cosa ci vorrebbe? Un'iniezione di orgoglio! I docenti (quelli che veramente hanno realizzato e consentito questa eccellenza… magari sono abituati e lo danno un po' per scontato) avrebbero bisogno ogni tanto di riavvertire (oltre all'immane lavoro…) il privilegio, il riconoscimento, la grande opportunità di operare ad un livello così alto. Indiscusso attestato di MERITO a tutti coloro che operano nella scuola! Che si faccia il pieno di complimenti. Bravi!!

E ripensando alla lezione...

mentre scorreva sullo schermo l'esemplificazione di ciò che sarebbe auspicabile per la scuola del futuro (cioè ciò che alla Di Liegro si fa da anni) ... mi passavano davanti agli occhi i colleghi, le ansie, i problemi, la fatica, l'immenso lavoro sotterraneo di ogni giorno, il gruppo di monitoraggio, le ombre e i sorrisi di chi da venti anni crede in quello che fa e ha investito energie in una scuola che è diventata un modello al quale ispirarsi. Un MODELLO.

Avrei voluto abbracciare tutti e dire: la strada è dura, ma la direzione è giusta! Sto lavorando come mai fino ad ora, ma non avrei potuto scegliere ambiente migliore per IMPARARE.

Ho la sensazione di aver ricevuto un premio che non serve al compiacimento, ma che consegno umilmente ai colleghi che mi accompagnano, ai ragazzi, mio ossigeno puro… ai compagni di percorso che mi guidano, alla mente e al cuore di chi dirige questo "spazio di opportunità e di libertà" che mi ha accordato fiducia e dimostra ogni giorno che SI PUO' volare alto.


Passione pura. Questo eravamo e siamo. Grazie a te sempre e per sempre SIMONETTA.


Maria Laura Piersanti

La conobbi come madre di un ragazzo "difficile" e mi cambio' come insegnante: il ricordo di Silvia Dragonetti

Lavorare con Simonetta Caravita è stata l'esperienza più esaltante della mia vita, il punto di svolta, l'incontro con un modo di fare scuola che non solo ha salvato la vita a mio figlio, ma ha aperto a me, la mamma-maestra, nuovi orizzonti.

La ho conosciuta in un primo tempo come genitore di uno dei suoi studenti, ma mica uno qualsiasi, uno "difficile", che leggeva troppo bene, scriveva troppo male, pensava troppo logicamente, agiva goffamente, era quindi dis-abile rispetto agli standard e per questo motivo, dopo aver cambiato quattro scuole, aveva deciso che le avrebbe date tutte alle fiamme. La preside Caravita ha accolto lui, il figliolo troppo divergente, come un ospite gradito, ha scoperto la sua passione per i computer e gli ha proposto di prendere l'ECDL, studiando e sostenendo i primi moduli lì, a scuola, dopo il lavoro alla redazione del giornale diretta da Maria Letizia Nespica. Mi disse: "Se c'è un ragazzo che sa muovere un solo dito, allora tutta la programmazione didattica dovrà valorizzare quello che si può fare con quel dito". Quel figlio adesso ha 23 anni ed è diventato un sistemista informatico.

Abbracciare il suo modo di fare scuola è stato per me come varcare il Rubicone, un passo dopo il quale non si torna indietro, non è più accettabile tornare indietro alla scuola-fabbrica che "cura i sani e lascia fuori i malati" (L.Milani). Era bello, davvero bello, essere parte di questa rivoluzione promossa da Caravita nella sua scuola; ho fatto di tutto per entrare nel suo team, per poter contribuire a quello che era diventato anche il mio di sogno: "una scuola accogliente per tutti, ognuno con il suo passo, ognuno con il suo talento". Ci ho scritto pure una tesi di master sopra. Ma sono arrivata troppo tardi. E sono rimasta ben presto sola. Senza la "mia preside", senza il mio punto di riferimento, senza colleghi che avessero "fatto il salto", che riuscissero a vedere i bambini ed i ragazzi come li vedeva lei, è rimasto solo un vuoto incolmabile.

Maestra Silvia Dragonetti

Immagini di una concreta sognatrice: il ricordo di Marco Giacobbe

Come stringere in poche parole almeno 15 anni di ricordi?

Si rischia di far scivolare sabbia dalle mani.

Sarebbe un’offesa alla sua assoluta concretezza di sognatrice.

Meglio usare la lente d’ingrandimento.

Come quella che possedeva nel suo sguardo:

un particolare diventava il tutto.

Scelgo allora la prima immagine che ho di lei.

7 luglio 2004. I miei primi passi in presidenza.

Disordine di cose e carte, movimento di individui.

Tutto molto coerente con la persona.

Per far capire cosa nel tempo ho sempre più percepito di lei,

una citazione da Mariangela Gualtieri.

“Un disordine imbattibile superiore

arruffa le mie fondamenta.

Terremoto leggero

del sangue che da sotto

comanda le libertà.”

Un’altra sua essenza per immagine.

Non unica questa volta, ma ripetuta.

Il suo rapporto atipico col sonno.

Le mail scambiate alle 4 di mattina,

io che mi sveglio, lei che va a dormire.

Io che entro a scuola alle 7, le che va a casa a riposare (forse).

Per coglierne il senso, ancora una citazione da Gualtieri.

“È venuto un sonno benedetto

e mi ha stretto nel suo respiro

mollato. Mi ha condotto

insieme a tutti i dormienti

nel posto di buio immacolato.

Come dormivo bene

questa notte! come ristorato

il corpo ride al normale mattino

che a me pare un tale paradiso.

Per questa gioia

è valso non dormire”

Buon sonno Simonetta, buon riordino.

Coniugava competenza ed etica della cura, dando spazio alla dimensione affettiva del processo educativo: il ricordo di Flora Armenti

La peculiarità della visione pedagogica di Simonetta Caravita è stata quella di riuscire a coniugare competenza professionale ed etica della cura, valorizzando potenzialità e capacità di ogni singolo alunno, in particolare i più fragili e bisognosi. Dando spazio alla dimensione affettiva del processo educativo, ha favorito nella concretezza della pratica didattica, l'integrazione tra sviluppo cognitivo e cooperazione sociale, offrendo a noi educatori un modello di scuola più inclusiva e democratica in grado di rispondere alle sfide attuali della società. Profonda gratitudine e grande affetto sono i sentimenti che il suo ricordo suscita nel mio animo.

Il primo giorno mi disse "C'e' tanto lavoro da fare" e poi volle conoscere la mia storia: il ricordo di Marilina Casanova

Ho conosciuto la Preside Simonetta Caravita nella calda mattina del 7 luglio 2008, quando andai nella sua scuola, la "Luigi di Liegro", che stava per diventare la mia scuola, e varcai la porta della presidenza. Trovai una stanza enorme con centinaia di libri sugli scaffali, fotografie di tanti momenti di scuola di ogni tempo, oggetti cari dappertutto, colonne alte di documenti e fascicoli che quasi coprivano anche la sua figura, seduta dietro alla grandissima scrivania. Quel luogo mi disse tanto di lei e dell'esperienza che stavo per vivere.

Mi disse "Professoressa, le dico subito che qui si lavora tanto perché c'è tanto da fare". Io le risposi "A me piace il lavoro e sono solita non tirarmi mai indietro". Quella risposta ruppe il ghiaccio e mi chiese di raccontarle di me. Riempì una pagina di appunti, in barba al mio curriculum vitae stampato che già aveva letto, dimostrando grande attenzione verso la mia persona, la mia esperienza di vita e professionale, i miei studi al Conservatorio e sicuramente verso quanto non poteva essere cercato in un documento formale. Quella stessa attenzione, la Preside l'aveva verso le sue ragazze e i suoi ragazzi, che conosceva TUTTI per nome e cognome. Perché la porta della sua presidenza era sempre aperta, per tutti. Come era aperta la porta del suo cuore quando rideva con noi, piangeva di commozione con noi, o quando a Natale, a tutti coloro che lavoravano nella sua scuola, faceva un regalo pensato proprio per la singola persona, dimostrando un'attenzione e una capacità straordinarie di conoscere chi le stava accanto.

La sua è stata la scuola di tutti, lo spazio in cui "ognuno con il proprio passo" ha avuto l'occasione per sentirsi accolto, valorizzato e parte imprescindibile di una comunità, e dove ognuno ha fatto esperienze di apprendimento che sono rimaste scolpite nel tempo.

Ha insegnato ai docenti, al personale scolastico, alle famiglie e agli alunni la bellezza e la ricchezza dell'inclusione e della diversità, dello stare insieme in un percorso comune e dell'ascoltare per crescere tutti insieme. E ha dato l'opportunità a tutti i suoi insegnanti di valorizzare le loro potenzialità, di utilizzare i loro specifici talenti e sentirsi parte attiva nel processo di costruzione e di crescita di una scuola innovativa e inclusiva.

Ha costantemente affiancato i suoi insegnanti e li ha motivati, con il suo esempio, affinché mettessero sempre al centro le alunne e gli alunni per rendere il loro percorso scolastico un'opportunità di apprendimento unica e preziosa. Ha tenuto uniti tutti i suoi insegnanti attorno al lavoro cooperativo su obiettivi comuni e condivisi, alla ricerca- azione, alla formazione e autoformazione permanenti.

Aveva capacità di delega straordinarie perché la nostra scuola poggiava su un modello organizzativo in cui gli obiettivi, le strategie e i tempi erano esplicitati e condivisi con largo anticipo e in modo chiaro e meticoloso.

Ha creato la "Scuola della Seconda Opportunità" per riportare tra i banchi tutti quelli che, ormai fuori dall'età dell'obbligo, avevano sperimentato il fallimento della loro esperienza scolastica.

Ha ideato, costruito e promosso l'utilizzo degli strumenti indispensabili per praticare e valutare la Didattica per Competenze quando ancora non se ne parlava.

Ha operato perché non vi fossero primi e ultimi ma solo tante tessere preziose di un mosaico unico. E ci ha insegnato a saper scorgere in ciascuno dei nostri ragazzi il punto forte, quella parte preziosa su cui lavorare insieme per promuovere un percorso formativo di successo.

Ha costantemente creduto nella dignità della persona come valore fondante della libertà, e nel valore della scuola pubblica statale come luogo aperto alla realtà, come spazio di incontro della comunità di studenti, famiglie, associazioni del territorio. Uno spazio da lasciare aperto anche di pomeriggio e di sera, un punto di riferimento sicuro, un porto per tutti e un luogo da cui uscire per incontrare la realtà circostante.

Ha lavorato affinché la scuola uscisse fuori dall'edificio, affinché TUTTI partecipassero ai campi scuola in quanto occasioni imperdibili di apprendimento.

Era questo e tanto altro, Simonetta Caravita.

Se n'è andata, ma ci ha lasciato ricchi perché dopo anni di lavoro con lei, ognuno oggi, seppur in scuole diverse, continua a guardare i suoi ragazzi come persone uniche e preziose e a pensare alla scuola come a un posto in cui ogni giorno ci si mette in discussione e dove il lavoro prende forme diverse ogni volta modellandosi sulle situazioni e sulle persone del momento e coerentemente con i tempi.

Grazie, Simonetta carissima. Sempre nel mio cuore e nel modo di fare scuola.

Non sono mancati i contrasti, ma in lei vedevo un lavoro senza risparmio contro la dispersione scolastica: il ricordo di Carla Corciulo

Simonetta è stata una preside appassionata e determinata nel volere una scuola democratica e inclusiva, lavorando senza risparmiarsi mai per combattere la dispersione scolastica e recuperare ragazzi e ragazze demotivati e cacciati dalla scuola. Ha saputo coinvolgere i docenti rafforzando le tante professionalità e offrendo loro opportunità di formazione e aggiornamento. Simonetta Caravita ha creato le reali condizioni di accoglienza per i ragazzi e le ragazze disabili, considerati una ricchezza e non un peso. Nel IV Municipio, in particolare nel quartiere di Casalbruciato, la Scuola di Simonetta è stata un fare per tutte le scuole: ha realizzato un Museo Didattico e il bellissimo progetto “Filiera” che mirava a contrastare l’insuccesso scolastico.

Simonetta è stata una Preside intuitiva che ha compreso da subito quanto fosse fondamentale intrecciare le due formazioni, formala e informale, riconoscendo il territorio come una risorsa preziosa per supportare la scuola e offrire alle famiglie opportunità formative, sociali, culturali e sportive. Ma non solo. Simonetta Caravita ha fortemente voluto sperimentare percorsi di istruzione per adulti, italiani e stranieri, convinta che si dovesse sempre offrire una seconda occasione a chi, per mille motivi, avesse abbandonato gli studi.

Sono grata a questa donna, con cui ho avuto anche forti contrasti, ma con la quale ho condiviso l’obiettivo comune di una scuola che non lasci indietro nessuna e nessuno. Grazie per avermi fatto crescere umanamente e professionalmente.

Anni formidabili di autonomia, laboratori creativi, apertura al territorio, e formazione... e quegli interminabili Collegi con i nostri figli che giocavano in giro: il ricordo di Antonella di Leo

Ti ricorderó per sempre come uno dei miei incontri fortunati di donna e prof. Lavorare anche se per solo 3 anni (indimenticabili e pieni) con te, nella tua scuola davvero pubblica e davvero di tutti e per tutti, del sogno realizzato e condiviso, della sperimentazione di qualità, dei laboratori creativi e trasversali, del metodo e dell'autonomia, dell'umanità solidale e integrale, dell'apertura al territorio e al mondo e della costruzione quotidiana di un mondo piú giusto e attento ai talenti di ognuno, ad iniziare dai piú fragili... frequentare i bei corsi di formazione che ci proponevi e sentirsi sempre squadra e un'unica grande arca, all'avanguardia come don Milani, Montessori e Di Liegro messi insieme... Sono stati anni formidabili, in cui ho imparato molto e che mi porto ancora dentro, ogni volta che entro in classe. Fra i migliori anni della nostra vita... come cantava in Sala Prof. la cara collega P., speciale come tutti i tuoi proff e collaboratori. Eri contagiosa. Una grande Donna:intelligente, sincera e coraggiosa. Combattente sempre. Instancabile e lungimirante. Intransigente sui valori ma anche umana e sensibile, che sapeva ascoltarti, guardarti dentro e valorizzarti, da vera Dirigente. Spero di non far spegnere mai la luce della passione per il nostro lavoro che mi hai riacceso dentro, anche nei Collegi interminabili, in cui accogliervi peró i nostri figli in passeggino e li lasciavi giocare con grande umanità e tolleranza... GRAZIE ancora e per sempre. Una scuola in tuo nome ti farà stare ancora a casa, accanto ai tuoi ragazzi e ai tuoi proff. Anche se credevamo in modo diverso, arrivederci un giorno lassù

Il ricordo della Scuola Popolare di Musica del Tiburtino

La Preside Simonetta Caravita ci ha lasciati.

Grazie per l’attenzione che hai sempre rivolto agli svantaggiati, ai diversamente abili, agli ultimi che per te sono sempre venuti prima degli altri;

grazie per la generosità, per l’intelligenza e per il tuo acume;

grazie per la pazienza, per la forza e per la sicurezza che trasmettevi in chi ti stava accanto;

grazie per la dolcezza e per il rispetto;

grazie per l’ardore con il quale difendevi le idee e conducevi le battaglie;

grazie per tutto quello che hai fatto per il quartiere;

grazie per l’idea di una scuola inclusiva, aperta, solidale, integrata e giusta;

grazie per il lavoro che instancabilmente hai portato avanti a nome di tutti noi;

grazie per la promozione della conoscenza, grazie per il tempo e l’attenzione che hai sempre rivolto a tutti e grazie per essere stata nostra insegnante, compagna ed amica;

grazie per essere stata un’intellettuale vicina a noi;

grazie per tutto quello che ci hai insegnato con l’esempio.

Continueremo il tuo percorso culturale e inclusivo nella scuola e nella società, porteremo avanti la tua idea di solidarietà e giustizia, continueremo a dare importanza alle cose che ci hai insegnato ad osservare, ad apprezzare, a costruire e a difendere.

Carissima Preside, carissima Simonetta, la Scuola Popolare di Musica del Tiburtino e tutto il Quartiere ti ricordano con amore e ti ringraziano per tutto quello che hai fatto in tanti anni di lavoro bellissimo che abbiamo avuto l’onore di condividere.

Da Facebook

Aveva capito l'importanza del volontariato nell’integrazione linguistica e culturale degli stranieri: il ricordo di Focus-Casa dei diritti Sociali

Ci ha lasciato per sempre Simonetta Caravita, ex dirigente della scuola che aveva assunto importanti incarichi di coordinamento nell’Ufficio Scolastico Regionale del Lazio.

Nel 2010 intuì per prima - a fronte dei decreti che stabilivano l’obbligo della conoscenza dell’italiano per l’ottenimento dei titoli di soggiorno - l’importanza di estendere l’offerta formativa di corsi gratuiti di italiano per gli stranieri, dando corso ad una importante e costruttiva collaborazione tra l’USR e la rete Scuolemigranti.

Una persona dal carattere forte, di grande personalità, professionalità, rigore e tenacia; elementi che in certi ambienti suscitano purtroppo invidie e inimicizie.Se ne è andata dopo una lunga malattia, un po’ dimenticata.

La vogliamo qui ricordare come una delle poche personalità del mondo della scuola, che aveva capito la funzione capillare del volontariato nell’integrazione linguistica e culturale della popolazione immigrata. E si è battuta con tutte le sue forze perché si producessero sinergie sul territorio tra scuola e associazionismo.

Da Facebook

Un vita per la scuola inclusiva: ricordi sulla stampa